Scorzonera e cannella, un antico gelato che racconta Palermo

scorzonera-cannella

Durante una passeggiata sul lungomare del Foro Italico, ci si imbatte inevitabilmente nella gelateria più antica di Palermo, lo storico bar Ilardo. A questo punto fermarsi è “doveroso”. E gustare un gelato al gusto scorzonera e cannella è un piacere che non si può fare a meno di concedersi se si vuole assaporare davvero la Palermo di una volta.

Un’antica veduta del Foro italico

L’origine del gelato alla scorzonera

Sembra che in origine il gelato alla scorzonera, ottenuto dall’essenza della omonima pianta, fosse un gusto a sé stante che veniva unito a quelli di gelsomino e cannella per creare una meravigliosa armonia di colori, profumi e sapori. Nel tempo, anche se il gusto “scorsoniera” non è stato più prodotto, ha lasciato in eredità il proprio nome alla felice combinazione degli altri due gusti (gelsomino e cannella) a cui era sapientemente associato, visto il forte valore sociale ad esso attribuito nella cosiddetta “pigghiata du gelato”.

Scorzonera
le radici della scorzonera

L’usanza di unire essenze e frutta ad un composto cremoso è stata introdotta in Sicilia dagli Arabi che per rinfrescarsi erano soliti bere una sostanza dolciastra refrigerata con la neve e preparata con latte o acqua, essenza di frutta, vaniglia e cannella. Questo composto veniva chiamato “sciarbat” che significa sorbire, da cui deriva il termine sorbetto, per creare il quale venivano utilizzate le rare nevi dei monti palermitani, denominati proprio per questo dagli Arabi pizzo Niviera, nei pressi di Giacalone. La neve veniva conservata nelle “niviere”, grosse buche scavate nel terreno in cui veniva deposta e ricoperta di paglia la neve da utilizzare in estate. Con l’arrivo della calura estiva, la neve veniva poi collocata in ceste rivestite all’interno con paglia e sale marino, e, a dorso di mulo, di notte, trasportata in città dove veniva conservata per mesi al fresco in profonde cantine.

I depositi più importanti di neve si trovavano in vicolo della neve a piazza Marina e vicolo Viola, che con la bella stagione venivano presi d’assalto da tutti coloro che, per refrigerarsi, cercavano di accaparrarsi una piccola scorta della candida merce. I siciliani, ed in particolare i palermitani, fecero tesoro di ciò che appresero dagli Arabi e cioè che il succo di fiori odorosi come il gelsomino o di frutta di stagione, mescolati alla neve e dolcificati, diventavano un ottimo sorbetto, un connubio perfettamente riuscito che, giunto fino a noi dal medioevo, rappresenta la base del gelato dei nostri giorni.

Il sorbetto entrò a far parte dei menù estivi dell’aristocrazia palermitana e i “monsù”, i loro cuochi personali, sbizzarrirono la propria creatività utilizzando gli agrumi – soprattutto arancia e limone – tipici dell’isola. Il vero boom però, si ebbe quando fu inventato il “gelato da passeggio”, poiché, fino a quel momento,  per gustare una granita o uno “spongato” era necessario sedersi ai tavolini di un bar o una gelateria.

Ore intere trascorse seduti ai tavolini

Per ore ci si sedeva in una delle gelaterie del Foro Italico ad osservare le carrozze sfilare e le dame passeggiare con abiti eleganti e bizzarri cappellini, piena espressione della Belle Epòque. Chi poteva permetterselo si recava da Ilardo, la gelateria più antica di Palermo, al cui gelatiere Cacciatore si deve l’invenzione del cosidetto gelato “giardinetto”, in onore dell’arrivo di Garibaldi, dai colori rosso, verde e bianco (fragola, pistacchio e cedro).

A pigghiata du gelato rappresentava un’occasione per sfoggiare gli abiti “della domenica”: seduti ai tavolini a guardare il passìo, si attendeva il cameriere per l’ordinazione, allietati dal suono di un’orchestrina femminile. 

Le mode di un tempo in fatto di gelato

Le specialità allora di moda (e che ancora oggi è possibile gustare) erano la cassata siciliana, gelato di anguria, riso di chantilly, gli schiumoni di panna e cioccolato, gli spongati di fragola e limone, il delicato gelato di gelsomino, di scorsonera e cannella. Il tutto servito in coppe e piattini, con cucchiani scintillanti, un vero e proprio spettacolo per gli occhi e il palato.

Il  Pitrè, nel volume “Cartelli, pasquinate, canti, leggende, usi del popolo siciliano” fino alla fine dell’ Ottocento, attesta la presenza del gelato alla scorzonera, che si serviva insieme a quelli al gelsomino e/o alla cannella.

Oggi il gelato con l’essenza della scorzonera non è più prodotto, ma il connubio ottenuto dall’unione dei tre gusti ha portato tutt’oggi a mantenere intatto il nome scorzonera per indicare l’unione degli altri due, creando così una particolare sineddoche del gusto che nel nome ricorda il profumo di una “incolmabile” assenza. I nostalgici dei gusti di una volta potranno provare a preparare il gelato al gelsomino con la ricetta che da noi proposta qui.

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3 Comments

  1. Da Palermitano d'”antan”, da sempre ho ricercato la originale ricetta del famoso e famigerato gelato di scorsonera. A quanto pare, la ricetta nessuno la conosce.
    Chiamare gelato alla scorsonera, quello misto gelsomino-cannella, non è esatto ed è abuso. Quindi Ilardo e gli altri non possono spacciare tale nome.
    Vexata questione:
    Il gelato in Sicilia, già esisteva al tempo dei Greci, dei Romani, dei Bizantini. Da costoro venne la consuetudine ed il traffico connesso, di usare la neve delle madonie, trasportata a Palermo e stipata nelle niviere. Gli Arabi, altro non fecero che, assimilare e magari perfezionare usi, costumi, tecniche autoctone dei paesi che conquistavano.
    Un esempio per tutti:
    Il cannolo, non lo hanno inventato gli Arabi! Già Cicerone che, ne era ghiottissimo, esistendo già in Sicilia, se lo faceva preparare. Questo accade già da qualche decennio prima di Cristo.

    1. Sarino caro, sapessi quante leggende sulle preparazioni tradizionale siciliane circolano..! Una per tutte quella sulle origini della cassata che si inventò il buon(tempone) Gaetano Basile attribuendola agli Arabi. Quella “cassata” chissà perché, a furia di ripeterla e copiarla, per il dolce siciliano più amato e conosciuto è diventata il “verbo”. La bellezza della cucina siciliana consiste anche in questo: nelle leggende, nei miti, nelle storie (vere e false) che ci girano intorno e che ci danno l’opportunità di fare tanto story-telling

  2. Caro Sarino, mi piacerebbe che mi citassi il testo latino di Cicerone dove riferisce del cannolo. Ovvio che esistendo la ricotta la si potesse gustare come dolce con l’aggiunta di zucchero, ma io non dico che mangio cannoli o cassata tutte le volte che gusto una cucchiata di ricotta dolcificata e arricchita da canditi! E neppure fuori d’Italia possono riferire di deliziarsi con un sorbetto al limone o all’arancia o qualsiasi altro succo ogni qualvolta che ad una limonata o aranciata o ad un succo aggiungono del ghiaccio tritato! Quindi lascia le cose come stanno: il sorbetto lo inventarono gli Arabi come grazie a loro ci troviamo in Sicilia giardini di aranceti è limoneti!

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