Il 19 marzo e le sfincie, tradizione irrinunciabile dalle origini antiche

(di Alessandro Iannelli) Si ritiene che la celebrazione di San Giuseppe risalga al X secolo e che avvenisse all’inizio privatamente nei monasteri e abbazie, per poi diffondersi gradualmente fra i popolani, anche se notizie più precise le abbiamo solo a partire dal 1030, a proposito di monaci benedettini che celebravano il santo il 19 marzo. La festa ricevette il crisma dell’ufficialità nel 1621 sotto Gregorio XV. Fino al 1977 il giorno di San Giuseppe era presente anche nel calendario delle celebrazioni dello Stato italiano.

La festa del papà, che cade anch’essa in questo giorno in alcuni Paesi di tradizione cattolica (perché San Giuseppe è protettore, fra gli altri, dei padri) ha invece un’origine indipendente: nacque nel 1910 negli Stati Uniti, quando Sonora Smart Dodd, figlia di un veterano di guerra, forse traendo ispirazione da un fatto di due anni prima (la commemorazione dei morti in un disastro minerario in Virginia), decise di celebrare il padre e scelse il 19 giugno, giorno del suo compleanno: da allora negli U.S.A. la figura del padre viene celebrata la terza domenica di giugno, mentre il resto del mondo ha progressivamente accolto questa festa ma legandola spesso ad altra data.

La scelta del 19 Marzo come giorno di San Giuseppe non era stata casuale e mirava probabilmente a sovrapporre una festa cristiana a vari usi pagani sopravvissuti nel tempo, che celebravano il ritorno della primavera: tra questi, il rito del rogo, ancora vivo in molte regioni italiane e chiamato in Sicilia “vampa”, con il quale simbolicamente si mandava al rogo l’inverno precedente (e si esorcizzava lo spettro della fame). Un ulteriore e, anzi, ben più vivo riflesso moderno di usi antichissimi si ha nella tradizione di celebrare questa giornata, in quasi tutte le regioni italiane, preparando un dolce o un pasticcino particolari, come simbolo del ritorno della stagione dell’abbondanza e come buon auspicio in vita della stessa.

Nella Sicilia occidentale vengono preparate le famose “sfinci di San Giuseppe” (occasionalmente chiamate anche sfince, sfingi o sfinge), inserite nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

La sfince, o sfincia, è un dolce fritto in pastella dalla consistenza spugnosa (da qui il nome, dal latino spongia, “spugna”, o forse dall’arabo isfanǧ , dallo stesso significato) e forma irregolare, decorato con crema di ricotta (spesso con l’aggiunta di chicchi di cioccolato), grani di pistacchio e frutta candita, in genere scorza d’arancia e una ciliegia. Si ritiene che questo dolce debba la sua ideazione alle suore del Monastero delle Stimmate di Palermo (fondato nel 1604 e demolito nel 1875 per fare spazio alla costruzione del Teatro Massimo), le quali a loro volta rielaborarono dolci diffusi nel Sud Italia di origine araba e persiana, menzionati anche nella Bibbia e nel Corano.

Probabilmente la ricetta originaria delle suore era meno elaborata e fu successivamente perfezionata dai pasticcieri palermitani. Una vecchia e curiosa usanza, oggi non più viva, voleva che le suocere offrissero sfinci alle nuore per distendere i rapporti e superare gelosie familiari. Ad ogni modo, se il 19 Marzo è pressoché d’obbligo almeno assaggiare una sfincia, ogni motivo e qualsiasi occasione sono buoni per mangiare questo dolce irresistibile, come sanno i pasticcieri palermitani, che lo preparano tutto l’anno.

LA SFINCIA DI SAN GIUSEPPE

Ingredienti per 20 sfinci circa

1 l d’olio di semi oppure 1 kg di strutto

60 gr di margarina

250 gr di farina 00

250 gr di acqua

5 uova

4 gr di sale

650 g di ricotta

250 g di zucchero (meglio se a velo)

90 gr di chicchi di cioccolato

60 gr di grani di pistacchio

20 ciliegine candite

20 scorze d’arancia candita

Innanzitutto, la scelta fra olio di semi e strutto: quest’ultimo renderà le sfinci più morbide e meno oleose, ma più grasse. Se, come probabile, contate di prepararle una volta all’anno, si può fare uno strappo alle scelte salutistiche ed optare per lo strutto.

Ciò detto, in primo luogo dovrete far sgocciolare la ricotta almeno per un paio d’ore. Mescolate poi per bene con lo zucchero e lasciate riposare per qualche altra ora, in frigorifero.

Versate in un pentolino la margarina, il sale e l’acqua, scaldate a fuoco medio e mescolate per 5-6 minuti circa, poi aggiungete la farina e mescolate fino ad ottenere un impasto omogeneo (ci vorranno altri 5-6 minuti circa). A questo punto all’impasto bisognerà aggiungere un uovo per volta: dopo l’aggiunta di ogni uovo lavorare l’impasto con il mestolo (o, se lo avete, usate il robot da cucina) fino a che sarà amalgamato nell’impasto e solo a quel punto aggiungere un uovo.

Aggiungete i chicchi di cioccolato all’impasto, mescolate e rimette la crema di ricotta nel frigorifero.

Fate sciogliere lo strutto in un pentolino (o friggete l’olio) a fuoco medio e, dopo circa 15 minuti, cominciate dunque a versare l’impasto per le sfinci, a cucchiaiate, preparandone non più di 3-4 per volta (altrimenti si abbassa la temperatura dello strutto/olio): ci vorranno circa 10-12 minuti perché l’impasto assuma la giusta doratura, a quel punto rimuovetele dal pentolino, scolatele e poggiatele in un piatto o vassoio.

Aspettate circa 15 minuti dopo la frittura di ogni sfincia per poter passare al tocco finale, cioè la farcitura, poi potrete cominciare a deliziare il palato vostro e/o di amici.

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