Dall’alveare l’idromele, bevanda fermentata a base di miele

idromele

Sapete cos’è l’idromele (o idromiele)? Pare sia stata la prima bevanda alcolica ottenuta facendo fermentare (e poi a lungo maturare) una miscela di acqua e miele a cui si possono aggiungere erbe naturali e frutta per aromatizzare.

Ingredienti sono solo tre: acqua oligominerale o piovana (come consigliava Plinio) e lieviti per la fermentazione. Per la sua maturazione occorrono ben due anni, ma più si prolunga il periodo più l’idromele migliora. La sua origine si fa risalire risalire al 6500 – 7000 a.C. periodo in cui sono stati datati alcuni recipienti in terracotta ritrovati in Cina che mostravano la presenza di miele, riso e composti organici associati alla fermentazione. L’idromele era molto usato anche dalle popolazioni del Nord Europa che addirittura ne mettevano recipienti pieni nelle tombe come riserva del defunto per il Sidhe, l’aldilà celtico. L’idromele sparisce quasi totalmente dall’Europa mediterranea nel Medioevo, quando la diffusione della vigna spiana la strada al consumo del vino.

L’interesse per i prodotti alternativi e complementari dell’alveare è in crescita anche in Sicilia, ecco perché il Ministero delle Politiche agricole e agroalimentari ha finanziato all’Università di Palermo il progetto Approccio integrato per il miglioramento qualitativo dei mieli e la valorizzazione dei prodotti dell’apicoltura siciliana”. Nell’ambito di questo è previsto l’incontro che si è svolto lo scorso 21 giugno all’Orto Botanico di Palermo intitolato “Dal miele al mead – tecnologie microbiche e analisi sensoriale di bevande fermentate a base di miele” organizzato dal Dipartimento Saaf – Scienze Agrarie, Agroalimentari e Forestali. I lavori introdotti da Pietro Columba, responsabile scientifico del progetto, hanno visto gli interventi di Nicola Francesca del corso di laurea Stal (scienze e tecnologie agralimentari) dell’Università di Palermo su “Curiosità microbiche e tecnologiche delle bevande a base di miele” ed Ernesto Ragusa, esperto di entomologia agraria dell’Università di Palermo su “Dall’ape al barattolo: lo straordinario cammino del miele”. Nella scaletta anche i contributi di Massimo Nuccio, apicoltore che ha parlato di “Produzione del miele e dell’idromiele”, mentre del cibo e del miele di qualità in Sicilia ha parlato Teresa Armetta, dell’omonima Gastronomia Armetta che si trova nel borgo di San Lorenzo a Palermo.

In Sicilia, o per essere più precisi, a Sortino in provincia di Siracusa, areale d’elezione per la produzione del prezioso miele di timo, come prodotto alcolico derivato dal miele è più noto ed apprezzato un distillato che è sempre stato prodotto quasi in clandestinità. Impossibile venderlo: non è garantita l’igienicità. Ma per gli apicoltori – pardon fasciddari – di Sortino, che detengono la formula segreta racchiusa nell’anima del miele, u spiritu ri fasciddari è una tradizione che non intendono perdere né spegnere.

Il liquore dei mielai a Sortino si ottiene dalla torchiatura dei favi sciolti in acqua bollente; poi la miscela viene fatta fermentare e quindi distillatata e “cunzata” con miele cotto a fuoco lentissimo. Ogni fasciddaru segue la propria ricetta personale, quindi le produzioni sono davvero una diversa dall’altra per via dei segreti tramandati di padre in figlio nell’arte di comporre il “cileppo”, lo sciroppo (di acqua e miele torchiato) a cui si aggiungono tutti gli ingredienti (segreti) che servono ad esaltare il gusto del distillato.

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