Mamertino Doc, il vino di Cesare che vuole sfondare nell’alta ristorazione siciliana

produttori Doc Mamertino

(di Angela Sciortino) Altri l’hanno già fatto e hanno centrato l’obiettivo. Sull’Etna i produttori vitivinicoli hanno fatto rete, mettendo insieme energie, competenze e passione. 

Mamertino DocMa c’è un altro territorio in Sicilia da cui nascono vini interessanti, potenti e dalla grande longevità, destinato a diventare famoso e icona di un’Isola che produce senza dimenticare tutto il tessuto economico e territoriale di cui fa parte. Stiamo parlando del Mamertino, un vino che ha alle spalle una storia millenaria. Oggi è un vino a Doc, certamente ben diverso (e per fortuna) da quello a cui Plinio il Vecchio assegnò il quarto posto nella sua classifica dei 195 vini migliori dell’Impero romano. Perfino Giulio Cesare lo annoverava fra i suoi preferiti, tanto che, secondo la tradizione, scelse proprio il Mamertino per brindare al suo terzo consolato.

Al Vinitaly 2019 l’area produttiva della Doc Mamertino porta in dote un messaggio quasi insolito per la Sicilia: l’unione, la voglia di lavorare per un obiettivo comune. E racconterà, attraverso i vini e l’entusiasmo dei giovani vignaioli, un percorso iniziato a metà marzo di quest’anno, quando in tredici (in tutto i produttori di Mamertino Doc sono diciassette) si sono presentati dal notaio per costituire l’associazione dei Produttori del Mamertino. È il primo nucleo da cui poter far sviluppare, un giorno, il Consorzio di Tutela della Denominazione, riconosciuta nel 2004», spiegano le aziende che hanno ad oggi aderito ovvero: Antica Tindari, Barone Ryolo, Bongiovanni Giuseppe, Calderone Antonino, Cambria Vini, Feudo Solaria, Gaglio Vignaioli, Mimmo Paone,  Planeta, Principi di Mola, Sapuri Cantina Siciliana, Vasari e Vigna Nica. 

Cda Mamertino Doc
da sx: Simone Paone, Ylenia Martino, Carmelo Grasso, Flora Mondello, Maria Genovese

Il Consiglio direttivo dell’Associazione Doc Mamertino è composto dal Presidente è composto dal Presidente Flora Mondello (Gaglio Vignaioli), dal vice Presidente Carmelo Grasso (Feudo Solaria), dal tesoriere  Simone Paone (Mimmo Paone) e dai consiglieri Ylenia Martino (Antica Tindari) e  Maria Genovese (Vigna Nica).

Oggi il tessuto produttivo del Mamertino è prevalentemente rappresentato da piccole aziende di famiglia, con una media di 3  o 4 ettari per azienda.  I vigneti coprono un’estensione poco inferiore ai 100 ettari complessivi per poco meno di 100 mila bottiglie.  «Sono piccole produzioni – spiega Flora Mondello produttrice e neo-presidente dell’Associazione – che devono essere spinte anche dal sistema ricettivo e dalla ristorazione locale e siciliana, ancora troppo poco coinvolta in questa fase di rinascita e comunicazione dedicata ai vini del Mamertino».  

Il Mamertino si può produrre solo nell’areale definito del disciplinare di produzione che è tutto incluso nella provincia di Messina. Sono 31 comuni (Alì, Alì Terme, Barcellona Pozzo di Gotto, Basicò, Castroreale, Condrò, Falcone, Fiumedinisi, Furnari, Gualtieri Sicaminò, Itala, Librizzi, Mazzarrà Sant’Andrea, Meri, Milazzo, Monforte San Giorgio, Montalbano Elicona, Nizza di Sicilia, Oliveri, Pace del Mela, Patti, Roccalumera, Roccavaldina, Rodi Milici, San Filippo del Mela, Santa Lucia del Mela, San Pier Niceto, Scaletta Zanclea, Terme Vigliatore, Torregrotta, Tripi) il cui territorio dalla costa tirrenica risale colline, boschi e rilievi per caratterizzare uno degli habitat viticoli più straordinari e ricchi di biodiversità della Sicilia: i Nebrodi.  

«Il Mamertino – continua Flora Mondello  è un piccolo gioiello della nostra storia vitivinicola che, pur venendo da un glorioso e remotissimo passato, può interpretare una modernità enologica davvero interessante e competitiva”. 

Sono infatti le condizioni pedoclimatiche specifiche espresse da questi territori e l’interazione di queste con i vitigni impiantati a definire l’identità enologica di un’area così differenziata, per suoli, clima ed esposizione. Un territorio assai mosso nella sua morfologia, aperto sul mare, ma con altezze che raggiungono anche i 500  metri sul livello del mare.  Le tipologie ammesse dal disciplinare di produzione, adottato nel 2004 e su cui sono intervenute alcune modifiche, la più recente nel 2014, sono principalmente quattro: Bianco e Bianco Riserva; Rosso e Rosso Riserva; Calabrese o Nero d’Avola e Calabrese o Nero d’Avola Riserva e, infine Grillo – Ansonica o Grillo – Inzolia. 

Il disciplinare regola anche le percentuali varietali minime e massime (vedi documento allegato) per ciascuna tipologia prima descritte e che nei vini bianchi e riserva ammette le seguenti varietà: Grillo, Ansonica e Catarratto (normale e Lucido) a cui possono aggiungersi, in percentuali minime, tutte quelle altre varietà ammesse alla coltivazione sul territorio siciliano che, nei bianchi non può superare il 20%  e, nei rossi, il 15%. Per i vini rossi e riserva le varietà ammesse sono: Calabrese o Nero d’Avola e Nocera, oltre che tutte le altre varietà a bacca rossa ammesse alla coltivazione nell’isola. La differenza tra bianco e riserva e rosso e riserva si sostanzia in un obbligo di affinamento prima della commercializzazione della durata di due anni a partire dalla vendemmia. Inoltre, sia per i bianchi riserva che per quelli rossi, è previsto un periodo minimo di 6 mesi di maturazione in legno.

Uno dei prossimi obiettivi è la modifica del disciplinare che attualmente mortifica il Nocera, un vitigno autoctono della zona di produzione e che possiede grandi potenzialità. Oggi negli uvaggi dei rossi è prevista la sua presenza obbligatoria per almeno il 10 per cento, ma non può superare il massimo del 40 per cento. Alcuni produttori che già producono Nocera in purezza sono costretti a imbottigliarlo come Doc Sicilia.

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