Giovani chef di talento al Charleston: dieci mani che vorremo sempre nel nostro piatto

5 giovani talenti al Charleston

(di Angela Sciortino) Spesso ho sentito mia nonna dire: “Cento mani sono benedette, ma non nel mio piatto”. Se fosse ancora in vita e mi avesse accompagnato l’altra sera al Charleston di Palermo, avrebbe corretto la sua massima aggiungendo “a meno che non si tratti di cuochi talentuosi”.

Già, perché le dieci giovani mani impegnate a realizzare il menù  per proporre della cena evento “ Giovani e talenti. La Sicilia degli chef si racconta”, andata in scena la sera del 3 luglio al Charleston, lo storico ristorante che lo scorso anno ha compiuto 50 anni e che si trova a Mondello, borgata marinara di Palermo, sono state apprezzate. Hanno lavorato con maestria e fantasia e l’obiettivo è stato raggiunto. Giornalisti di settore e critici gastronomici, in questa occasione, infatti, hanno potuto scoprire ed apprezzare il talento di cinque giovani chef, promesse siciliane della ristorazione gourmet, provenienti da cinque diverse province dell’Isola.

Santino Corso, Resident Chef del Charleston, ha cucinato al fianco di altri quattro giovani e talentuosi colleghi, promesse della ristorazione siciliana: Nicola Bandi, chef “Osteria Il Moro” di Trapani, Davide Guidara, chef dell’Eolian Hotel Milazzo” di Milazzo (Messina), Vincenzo Santalucia, chef de “La Scala” di Agrigento e Peppe Torrisi, chef del “Talè Restaurant & Suite” di Piedimonte Etneo (Catania).

Ma veniamo ai piatti cucinati dai cinque chef che sono stati accompagnati dai vini sapientemente selezionati dallo storico sommelier di casa Charleston, Giorgio Dragotta. Il via è stato dato con due amuse bouche: il “Pane cunzato” di Nicola Bandi (crema di grani antichi sifonata e acqua di pomodoro, sarde affumicate, origano, polvere di olive, croccante di pane, tuma persa e basilico croccante) e la “Caponata” di Santino Corso (crema di melanzane, con riduzione di pomodoro in agrodolce, crostini di pane nero e perlage di alici). Due mini assaggi di elaborazioni davvero estrose e complicate di pietanze povere tipiche della nostra regione. Se l’intento era quello di favorire l’appetito e di vedere i commensali “rastrellare” con avidità fino all’ultima stilla dei composti serviti in dosi omeopatiche da mangiare al cucchiaio, ci si è riusciti perfettamente.

A seguire gli antipasti, con “Pane, pomodoro e alici” di Davide Guidara (alice marinata in acqua di pomodoro, salsa di pomodori calcificati, purea pomodoro siccagno, pan e croccante e basilico), e lo “Sformatino di sarde su crema di Parmigiano e gocce di Cerasuolo di Vittoria” di  Nicola Bandi, con all’interno pan grattato con confettura di cipolla di Giarratana e pomodoro secco. Felici entrambi i piatti accompagnati da “Antisa”, Catarratto delle cantine Tasca d’Almerita, ma per chi giornalmente deve preoccuparsi di tenere giù la pressione sanguigna, è scongliabile il primo a meno che Guidara non riesca a ridurre la sapidità provocata dal sale.

La cena è poi proseguita con due primi: “Pasta alla Norma croccante con nuvola di Parmigiano” di Vincenzo Santalucia (capellini d’angelo con mousse di melanzana, spuma di Parmigiano e melanzana croccante) e “Ricchi e Poveri” di Peppe Torrisi, un accostamento di ingredienti “ricchi” (scampi) e “poveri” (pan grattato e tenerumi): cappelletto 30 tuorli con burratina ragusana, limone verdello, alla base una vellutata di tenerumi, riduzione di bisque di scampi, scampi crudi marinati, pomodori canditi e mollica atturrata. Il tutto in abbinamento con il Santagostino (Inzolia e Chardonnay) di Firriato. Descritto così, il piatto dello chef del Talè di Piedimonte Etneo, dà l’impressione di essere molto complesso. Non lo è solo nella preparazione e nella presentazione, ma lo è anche in bocca dove, per apprezzarlo in tutta la sua composita essenza, bisogna stare attenti a raccogliere, insieme al raviolo realizzato con una sfoglia in cui ad ogni chilo di farina sono stati aggiunti 30 tuorli d’uovo, un po’ di tutto quello che è stato posto nel piatto. Il primo di Vincenzo Santalucia è una riuscita rivisitazione della “Norma” che, con quel croccante ottenuto mettendo al forno i capellini, ricorda con piacere in qualche modo il risultato che otteniamo a casa ripassando in padella la pasta con salsa e melenzane rimasta a pranzo. Provare a ripetere a casa il piatto servito al Charleston è improponibile: ci vogliono otto ore solo per preparare la spuma di Parmigiano.

Il secondo è stato affidato al Resident Chef Santino Corso: “Pancia e Polpo”, pancia di suino nero dei Nebrodi, polpo, cipolla rossa pickle, salsa al nero e spuma di vastedda del Belice. Da apprezzare sicuramente meglio in una serata più fresca, ma ben accompagnato “Le sabbie dell’Etna” l’Etna rosso da Nerello Mascalese delle cantine Firriato.

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Sempre a cura di Santino Corso il predessert e il dessert: “Malvasia…”, un crumble di fichi salati, gelato alla malvasia e meringa al limone bruciata, e la “Mandorla in tre consistenze”, ovvero la mandorla proposta sottoforma di parfait, gelato e macaron farcito di ganache al cioccolato, a cui è stato egregiamente abbinato “L’Ecru”, il Passito di Firriato.

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