La sublime arte pasticcera nei dolci ricordi dedicati ai defunti

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(di Paola Roccoli) Secondo un’antica tradizione, i pupi ri cena o pupi di zucchero, nacquero come dolci votivi della cena del giovedi Santo, da cui presero il nome. Un cantastorie, però, narrava una leggenda lungo le vie dell’antico mercato della Vucciria di Palermo secondo la quale un sultano un giorno mandò una delegazione di diplomatici presso un nobile arabo.

Per l’uomo era stato purtroppo un anno di magra, e non potendo preparare un sontuoso banchetto, si disperò. La figlia dell’uomo caduto in disgrazia, pensò di riempire degli stampi di terracotta per pupi con dello zucchero e li dipinse di svariati colori. Durante la cena tre ospiti apprezzarono a tal punto i pupi che la voce si sparse per tutta la città. Se ne parlò cosi tanto che la leggenda si diffuse dappertutto grazie alla loro bontà e alla loro bellezza. Da allora i pupi di zucchero, sono diventati il dolce caratteristico della città di Palermo per la ricorrenza del 2 novembre dedicata ai cari estinti.

Sempre in questo giorno per i bambini siciliani è possibile trovare sotto il letto anche le ossa di morto, chiamate crozzi i motti a Bronte, scardellini in alcune località  dei Nebrodi e paste forti a Pozzallo. Si tratta di dolci di zucchero aromatizzati con chiodi di garofano, che durante la cottura assumono la forma di  piccole ossa. Già nel 1640-41 a Bivona nell’Agrigentino le Benedettine del monastero di San Paolo, preparavano le ossa di morto, anche chiamate dolce di pasta garofanata, come prevedeva la tradizione del periodo. I dolci erano abbastanza rinomati in varie parti d’Italia.

L’antica ricetta delle monache Benedettine di Palazzo Acreide, ha dato vita alle  ossa e ‘muorti, dolce con un ripieno speziato di miele e noci, ricoperto da uno strato di glassa reale, sempre con la forma di ossa umane. A Ragusa si preparano le paste forti o moscardini che i bambini ricevono insieme ai biscotti Regina con glassa bianca o scura al cioccolata. I moscardini sono di diverse forme, ma in particolare risalta la colombina.

Nel Catanese per la ricorrenza del 2 novembre si preparano i totò (o tetù), delizie al cioccolato; e sempre a Catania si trovano, le ‘nzudde, i biscotti che ebbero i natali nel monastero delle suore Vincenzine.

I bambini di Ribera ricevono i taralli insieme ai pupi di zuccaru, tetù e cciarduna. Il misto di dolciumi messi nel cesto con i giocattoli, veniva donato anche ai bambini di Camastra.

Per la gioia dei golosi, a Pietraperzia si preparano le armi santi (anime Sante). Dolci trapanesi sono i catalani e le monache del San Carlo di Erice, preparavano i mostaccioli di vino cotto.

La commemorazione dei morti a Naso (Messina) era una tradizione molto coinvolgente per i bambini, che fino alla metà  del secolo scorso, ricevevano oltre ai giocattoli dei dolcetti molto gustosi, i biscotti con la barba.

Nel palermitano in particolare a Bagheria i bambini ricevevano, oltre alle papatelle, le paste ri meli a forma di rametto, i pupi ri sussa ri meli, biscotti a forma di stecche lunghe venti centimetri ricoperte di glassa colorata. A Palermo i bambini e gli adulti, ricevono ancora oggi la frutta di martorana, che secondo la leggenda venne chiamata cosi perchè fu offerta a Ferdinando Re delle due Sicilie, in un tempo in cui non era possibile trovare quella fresca. Documenti storici, infatti, ci dicono che le suore del monastero Benedettino, fondato dalla nobildonna Aloisa Martorana, in occasione della visita del pontefice Papa Clemente V, offrirono in suo onore un banchetto durante il quale furono portati alberi invernali decorati di frutti finti, a base di marzapane. Fu un grande successo e la notizia si espanse in tutta la città. La frutta martorana da allora riempie le vetrine delle pasticcerie e viene spedita in tutto il mondo. Purtroppo molti dolci della commemorazione del 2 novembre in Sicilia non esistono più.  In molti casi l’antica tradizione ha lasciato il posto a nuove tradizioni importate dall’America, come quella di Halloween. Perduta ormai la  bella tradizione di Augusta di donare ai bambini un pane detto de’ cucchi o cu ‘cchia, dalla forma a spirale o di due cerchi concentrici fra una linea retta, a rappresentare un antico simbolo, quello della continuità.

Biscotti con la barba

Ingredienti
1 kg di farina
100 gr di zucchero
50 gr lievito di birra
10 gr di sale
100 gr di strutto
Cannella
Per la glassa
1 kg di di zucchero
300 dl di acqua
zucchero fondente
colorante alimentare rosso

Preparazione

Lavorate la farina con lo strutto, lo zucchero, il lievito precedentemente sciolto in una tazza di acqua tiepida, il sale e il pizzico di cannella. Amalgamate la pasta fino ad ottenere un impasto compatto. Stendete la pasta e date ai biscotti la forma di esse. Coprite con un telo e lasciate lievitare per ventiquattro ore in un luogo fresco e buio. Cuocete in forno. Preparate la glassa facendo sciogliere in un tegame, a fiamma bassa, lo zucchero con un po’ di acqua e lasciate raffreddare, poi aggiungete un pezzetto di zucchero fondente e il colorante. Pennellate la superficie dei biscotti e lasciate asciugare.

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