A Partinico il recupero della cassatedda di ciciri. Slow Food la proteggerà

Nelle case dei contadini di un paio di secoli fa, quando erano poco più che servi della gleba, c’era poco per sfamarsi. I dolci, poi, erano lussi che i poveri cristi non potevano permettersi.

Pare che una mamma, per fare contenti i propri bambini che insistevano per avere qualcosa di dolce, non avendo a disposizione niente altro che farina di grano duro, strutto (saìme) ceci e un po’ di miele (lo zucchero era roba da ricchi), si inventò la progenitrice della cassatedda di ciciri. Il dolcetto a forma di raviolo ripieno di un composto di ceci lessati e passati al setaccio arricchito da pezzetti di cioccolato fondente e capelli d’angelo (la zuccata), fritto nell’olio e spolverizzato con lo zucchero semolato, venne molti anni dopo, quando già la seconda guerra mondiale stava per finire e gli alleati americani portarono gli ingredienti della società del benessere.

La cassetedda di ciciri è una tradizione legata a due paesi del Palermitano: Partinico e Lascari. In entrambi i centri agricoli sembra che il dolce sia destinato all’oblìo. Non c’è più una pasticceria o un forno dove sia possibile acquistarla. Presto o tardi, scomparse le anziane donne del paese depositarie delle antiche ricette (almeno una per famiglia), la memoria di questo gioiello della pasticceria povera potrebbe definitivamente andare perduta.

Gioacchino Di Franco (a sinistra) e Paolo Antico (a destra)

Per scongiurare questa eventualità Paolo Antico, maestro pasticcere di Partinico, chocolatier per la nota casa Cafferel, ha passato ore ed ore ad ascoltare le anziane del paese per raccogliere tutte le informazioni utili a ricostruire la ricetta originale del dolce tipico del suo paese. Ascoltandole, ha anche scoperto che ogni famiglia possedeva la propria ricetta e che questa ha subìto alcune evoluzioni nel corso dei decenni. Ma si è dovuto fermare al tempo dei ricordi rimasti scolpiti nelle memorie delle donne portatrici di numerose primavere. 

Paolo Antico ha un sogno nel cassetto per la cui realizzazione però ancora non ha trovato molti alleati: far tornare nelle vetrine delle pasticcerie di Partinico la cassatedda di ciciri, eleggendo questo dolce dalle umili origini a prodotto identitario del grande centro agricolo della provincia di Palermo. 

In questa missione quasi solitaria ha trovato un importante alleato in Slow Food che ha preso a cuore la faccenda perché queste storie di recupero e valorizzazione dei cibi perduti sono nel suo Dna. E così Paolo Antico insieme a Mario Indovina, componente dell’esecutivo regionale di Slow Food Sicilia, e Matteo Lo Duca della Proloco di Partinico hanno condotto e portato a termine il percorso di recupero della specialità dolciaria locale. La versione definitiva della ricetta della cassatedda di ciciri, una volta recuperata è stata rivista seguendo i criteri di qualità che sono il faro dell’associazione: «dovranno essere usati ceci bio siciliani, miele di ape nera sicula, cioccolata fondente di qualità e per friggere olio extravergine che con il suo punto di fumo elevato garantisce una buona frittura senza pericoli per la salute», ha spiegato Mario Indovina.

Il dolce indentitario di Partinico in versione Slow Food è stato presentato domenica 3 febbraio alla Real Cantina Borbonica di Partinico durante una serata-degustazione che ha sancito la nascita ufficiale della “Comunità del cibo della cassatedda di ciciri partinicense“.

Per questa occasione i protagonisti hanno messo sù una vera e propria macchina da guerra coinvolgendo chi nel progetto ci crede: la condotta Slow Food di Palermo, la Proloco, lo chef Gioacchino Di Franco, l’Istituto alberghiero di Balestrate intitolato a Danilo Dolci, la Cantina Cossentino, il sommelier Totò Bonura e l’amministrazione comunale. Tutti hanno contribuito con ciò di cui dispongono. Il Comune con la location, la Real cantina Borbonica; la Proloco con l’organizzazione e la segreteria; l’Istituto alberghiero con la collaborazione dei giovani studenti per il servizio ai tavoli e l’accoglienza degli ospiti; lo chef Di Franco con la preparazione di due ottime pietanze, una vellutata di ceci con crema di verdure spontanee, pomodorini confit, crostini di pane di tumminìa e finocchietto selvatico e un riso siciliano alle erbette spontanee, guanciale di suino nero dei Nebrodi, semi di zucca, cremoso di Cinisara e crumble di panlimone; la Cantina Cossentino (papà Antonino e la nuova leva Francesco) con i propri vini bio, il bianco di Catarratto, il rosso Lioy da Cabernet Sauvignon e Merlot e il nuovo e impareggiabile Muscarò da uve di Moscato delle Rose, una vera perla dell’enologia siciliana.

Cassatedda di ciciri

Ingredienti
per l’impasto
1 kg di farina di rimacino
300 gr strutto
150 cl di vino bianco
100 gr di zucchero semolato
2 tazzine di caffè
acqua qb
cannella in polvere qb
bacche di vaniglia qb.
Per il ripieno
1 kg di ceci
150 gr di cioccolato fondente in gocce
150 gr di miele millefiori
200 gr di zuccata
cannella in polvere qb
Per guarnire
zucchero semolato o a velo e cannella
Per friggere
Olio extra vergine d’oliva

Passate al setaccio i ceci cotti (servono quattro ore a fuoco lento precedute 24 ore di ammollo) ed amalgamate con gli altri ingredienti previsti per la farcia, quindi mettete da parte. Lavorate la farina con lo strutto, incorporare zucchero e vino bianco (al quantità che prende la pasta che deve rimanere elastica). Impastate bene e formate una palla che avvolgerete con pellicola per alimenti e terrete in frigo per circa un’ora. Tirate la pasta fino a renderla sottile, tagliate con un coppapasta, mettete dentro un cucchiaino di farcia, chiudete a libro la pasta pressando bene i bordi con i rebbi di una forchetta, quindi rifilate i bordi con la taglierina dentata. Friggete in abbondante olio extra vergine d’oliva ben caldo. Sgocciolate e ponete i dolcetti su carta da cucina in modo che lascino l’unto. Quindi spolverizzate con zucchero a velo e cannella.

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